Sunday, January 07, 2007

AMBIENTE .....InviaStampaEntro gennaio convocati gli esperti che hanno preparato la ricerca per la Ue
Nel conto i danni a turismo e agricoltura e le sanzioni per le violazioni di Kyoto
Clima, minaccia per l'economia
l'Italia rischia decine di miliardi
Padoa-Schioppa: una commissione sui costi dell'effetto serra

di ANTONIO CIANCIULLO

ROMA - L'ombra del disastro climatico pesa sul futuro del nostro sistema economico. Tanto da aver convinto il ministro dell'Economia e delle Finanze, Tommaso Padoa Schioppa, a istituire una Commissione ministeriale per la contabilità ambientale. Per la prima volta si prende ufficialmente atto dell'entità del danno potenziale da cambiamento climatico che non è più solo di una questione ambientale ma un problema di rilevanza economica e finanziaria.

Entro gennaio la Commissione convocherà gli esperti che hanno preparato la ricerca dell'Unione europea sul costo del global warming. Subito dopo verrà ascoltato l'economista Nicholas Stern, ex dirigente della Banca Mondiale e autore di uno studio secondo il quale il 20 per cento del Pil mondiale è a rischio a causa dei cambiamenti climatici. Poi si cominceranno a mettere nero su bianco le contromosse necessarie a salvaguardare le basi su cui poggia la nostra economia.

Il lavoro della Commissione, presieduta dal sottosegretario Paolo Cento, dei Verdi, parte dall'analisi del costo della mancata attuazione del protocollo di Kyoto. Dopo aver assunto l'impegno di tagliare le emissioni di gas serra del 6,5 per cento entro il 2012, l'Italia ha continuato a far crescere queste emissioni fino a raggiungere, nel 2004, quota 583 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Sono 97 milioni di tonnellate di eccedenza annua che ci costeranno cari, anche perché, in assenza di misure correttive, la situazione peggiorerà. Nel periodo in cui scatteranno le sanzioni (tra il 2008 e il 2012) arriveremo a 614 milioni di tonnellate, portando a 128 milioni di tonnellate la distanza dall'obiettivo fissato.

A quel punto il conto da pagare diverrà salato. La Commissione europea e la Banca mondiale calcolano che il prezzo di mercato dei crediti di carbonio, cioè delle misure compensative per annullare gli effetti negativi dell'emissione dei gas serra, sia pari a 20 euro per tonnellata di anidride carbonica. Moltiplicando i 128 milioni di tonnellate di anidride carbonica emessi in violazione del protocollo di Kyoto per 20 si arriva a 2,56 miliardi di euro l'anno. Nell'arco del quinquennio 2008-2012 aver chiuso gli occhi di fronte al disastro climatico rinviando le decisioni politiche (rilancio delle fonti rinnovabili, efficienza energetica, passaggio dal trasporto su gomma al trasporto su ferro) potrebbe perciò costarci, se non riusciremo a correggere la rotta all'ultimo momento, 12,8 miliardi di euro.

"Ma dopo il rapporto Stern e lo studio della Commissione europea risulta evidente che questa cifra rappresenta solo una piccola frazione del danno economico che rischiamo di subire", spiega Cento. "Prendiamo due aspetti evidenziati dagli esperti della Commissione: il turismo e l'agricoltura nei paesi del Sud del Mediterraneo rischiano il tracollo a causa dell'instabilità del clima. Ora il turismo vale il 12 per cento del Pil italiano e l'agricoltura tra il 14 e il 15 per cento: insieme fanno oltre un quarto della ricchezza nazionale. Il che vuol dire che il rischio finanziario complessivo riguarda un fatturato oltre 100 volte superiore ai 2,5 miliardi annui che potremmo essere costretti a pagare per il mancato rispetto degli impegni contro l'effetto serra".

Per evitare la possibilità di un collasso di settori chiave della nostra economia si dovrà perciò mettere a fuoco una strategia mirata a sviluppare l'innovazione tecnologica in direzione dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. In questo modo da un lato si eviterebbe la penalizzazione diretta (le compensazioni per il mancato rispetto degli impegni previsti dal protocollo di Kyoto) e dall'altro si farebbe guadagnare competitività al sistema Italia.

(8 gennaio 2007)


Ambiente, allarme Ue sull'effetto serra
"Anche l'Italia a rischio desertificazione"
Con i cambiamenti climatici sarà il Nord del Continente la riviera più ambita

ROMA - Il riscaldamento globale potrebbe costare all' Europa migliaia di vite e miliardi di euro entro i prossimi 70 anni. E' impietoso lo studio sulla situazione climatica e ambientale elaborato dalla Commissione europea e pubblicato oggi dal Financial Times. Tanto impietoso da lasciare pochi margini al dubbio, tra cifre e prospetti che delineano un quadro da film del terrore. Se non saranno presi provvedimenti sulle emissioni dannose, ammonisce infatti Bruxelles, l'effetto serra e il relativo surriscaldamento del pianeta andranno avanti a passi veloci. E le prime avvisaglie del clima bizzarro, d'altra parte, sono sotto gli occhi di tutti.

Le possibili conseguenze per l'Europa, secondo il rapporto, investono ogni settore e andrebbero a colpire in particolare le aree meridionali del continente, con l'Italia in prima fila. Mentre il Nord Europa avrebbe un clima più mite e la possibilità di un' agricoltura più generosa, altrove si avrebbero siccità, gran caldo, inondazioni e colture depresse.

Sulla base dello studio ambientale, elaborato anche con sistemi satellitari, il rapporto Ue evidenzia due possibili scenari di riferimento. Il primo prevede un innalzamento della temperatura di 2,2 gradi; il secondo, più tragico, prevede un innalzamento di 3 gradi. In entrambi i casi, entro un decennio, circa 11.000 persone in più potrebbero morire ogni anno a causa del caldo, mentre l'innalzamento del livello del mare causerebbe danni per un valore di miliardi di euro. Successivamente, nel caso del primo scenario (+2,2 gradi), quasi 29.000 persone in più potrebbero morire ogni anno nel Sud Europa dal 2071.

Il quadro più grave riguarda proprio l' Italia che, insieme alla Spagna, potrebbe essere destinata a soffrire maggiormente questa situazione catastrofica a causa, si legge nel rapporto, di "siccità, riduzione della fertilità del suolo, incendi e altri fattori dovuti al cambiamento di clima". Ma lo studio non risparmia flora e fauna: "piante e animali tipici di certe aree geografiche moriranno o si sposteranno verso altre zone".

Il riscaldamento porterà ovviamente anche all' innalzamento del livello del mare che, secondo lo studio della Commissione europea, potrebbe crescere fino a un metro con costi ingenti per far fronte al fenomeno. Già nel 2020, in caso di innalzamento della temperatura di 2,2 gradi, la spesa per far fronte al disastro delle coste potrebbe essere di 4,4 miliardi di euro; nel caso del secondo scenario (+3 gradi) la spesa aumenterebbe a 5,9 miliardi e potrebbe crescere a 42,5 miliardi nel 2080.

Ma il riscaldamento globale non risparmierà, secondo lo studio, neppure altri settori come la pesca. Dal rapporto emerge infatti una tendenza alla migrazione degli stock di pesce verso le aree più a Nord. E c'è poi il problema delle inondazioni, sempre più intense un pò in tutta Europa. In proposito l' allarme riguarda soprattutto i grandi bacini fluviali, come il Danubio che già negli ultimi anni ha fatto sentire i suoi effetti interessando con gravi danni circa 240.000 persone.

E il turismo? Nota dolente ancora una volta per l'Italia e per gli altri Paesi del Mediterraneo. Il rapporto Ue non fa mistero sulle conseguenze drammatiche del cambiamento climatico. Sono circa 100 milioni le persone che ogni anno trascorrono le vacanze nel Sud Europa, per un giro d'affari di circa 130 miliardi di euro. Se non si porrà fine all' effetto serra, ammonisce lo studio, entro i prossimi 70 anni quel turismo mediterraneo non ci sarà più, per il Sud sarà soltanto desertificazione e la nuova riviera europea si sposterà inevitabilmente molto più a Nord.

Vegetazione già impazzita. Le temperature al di sopra della media confondono la vegetazione con uno sfasamento stagionale, è quanto afferma la Coldiretti, sono infatti già comparse le fioriture primaverili di primule sugli Appenini, di mimose in Liguria e di mandorli nel centro Sud. Il rischio, sempre secondo la Coldiretti, è che la fioritura anticipata di mimose e altri fiori li renda indisponibili per le ricorrenze tradizionali di San Valentino e della Festa della donna.

I ghiacciai si ritirano. La glaciologa Augusta Cerutti ha rivelato al Tg3 che negli ultimi anni i ghiacciai del Monte Bianco si sono ritirati di circa 30 metri. L'esperta ha poi sottolineato che il massiccio più alto d'Europa "è meno sfortunato, per la sua altezza, di altre montagne in quanto vi sono maggiori possibilità di deposito della neve". Augusta Cerutti conclude con una triste previsione: "Se la temperatura aumenterà con i ritmi attuali, nel 2100 la Valle d'Aosta non avrà più ghiacciai."

L'allarme dei Verdi. Il ministro dell'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, chiederà al seminario di Caserta la delega per definire una legislazione sulla tutela del territorio e del mare. "Lo studio della Commissione Europea conferma le nostre previsioni" afferma il ministro, "il cambio climatico è una priorità italiana e mondiale". Il deputato dei Verdi e sottosegretario all'economia, Paolo Cento, invita a "non sottovalutare il rapporto elaborato dall'Unione Europea" e sottolinea che "l'Italia è uno dei paesi europei più a rischio per gli effetti del riscaldamento globale. E' necessaria, prosegue Cento, una presa di coscienza e una forte iniziativa politica per ridurre le emissioni inquinanti".

Turismo: "L'Italia resisterà". Per Costanzo Jannotti Pecci, presidente della Federturismo-Confindustria, il turismo italiano saprà resistere perché "non è solo legato a fattori climatici. Le nostre peculiarità, insiste Jannotti Pecci, sono la storia, la cultura, le bellezze del paese, l'arte e il cibo". Il turismo, che genera il 6 per cento del Pil italiano saprebbe dunque, secondo gli esercenti, superare le difficoltà provocate dal peggioramento del clima ipotizzato dalla Commissione ambientale di Bruxelles.

(6 gennaio 2007)

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